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Il carradore utilizzava una vasta gamma di attrezzi
specialistici ed era capace di usare anche il tornio.
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Un carro botte come questo richiedeva abilità artigianali
di alto livello e spiccate capacità progettuali.
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Spesso esercitato come attività autonoma dai contadini più poveri per trarne una integrazione del reddito, quello del carradore era un mestiere complesso, che si trasmetteva per via orale da una generazione all'altra. Il costruttore di ruote e di carri deve sapere di matematica e di geometria, masticare di disegno, deve possedere praticità, gusto e armonia, deve conoscere il legno (le varie essenze, varietà e proprietà) e il ferro, deve saperli lavorare e legare tra loro.
● Il carradore era anche maestro d'ascia. L'ascia è come una piccola zappa col filo del taglio orizzontale, leggera e maneggevole, il ferro innestato alla parte terminale del manico in legno ha una particolare inclinazione o angolatura, a 45 gradi. L'attrezzo è di una tale semplicità che sicuramente è uno degli attrezzi più vecchi inventati dall'uomo, eppure, chi lo sa usare ad arte con esso spacca il legno, taglia, incide, sagoma e pialla.
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Ruote in legno con cerchio in ferro.
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● Usava una grande varietà di attrezzi: raspe, lime, scalpelli, sgorbie, pinze e tenaglie, succhielli di varie misure, trapano a mano, il graffietto per segnare, il gattuccio, un seghetto a lama sottile, seghe a mano la cui lama veniva tenuta in tensione da una corda intrecciata con una stecca di legno poi fissata in contrasto al corpo centrale dell'attrezzo, e seghe più piccole, e poi morsetti e "sergenti" (morsetti molto più grandi), pialle, pialletti e sponderuole (pialla con corpo e ferro a registro più stretti), compassi, squadre, per calcolare le circonferenze.
● Le ruote erano composte da segmenti di circonferenza uguali fra loro, in legno, da cui, previo opportuno incastro, partivano due raggi, che terminavano incastrati nei fori che facevano corona al mozzo della ruota. Per fabbricare il mozzo si partiva da un parallelepipedo di legno di olmo o maggiociondolo che veniva prima sbozzato con l'ascia così da ottenere come un grosso cocomero con punte più accentuate, poi messo al tornio. La mano esperta del carradore guidava e comandava l'attrezzo, il coltello, che con più pressione della mano affondava e consumava il legno lì dove la circonferenza doveva essere minore. Nella parte centrale del mozzo andavano poi ricavati gli alloggiamenti per i raggi, e poi veniva bucata nel senso trasversale per consentire l'innesto della parte terminale dell'asse (assale). Quando poi le ruote dovevano essere innestate sulle parti terminali dell'asse, veniva prima applicato un lubrificante speciale, grasso di pecora, che proteggeva a lungo le parti metalliche a contatto fra loro.
Il mestiere di mio nonno paterno , che purtroppo non ho conosciuto, poichè morto a fine guerra, aveva la bottega a San Romano nel Comune di San Miniato in provincia di Pisa.Uno dei tanti mestieri persi.
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