Un gruppo di contadini intenti a "far legna" in Val Venosta, oggi.
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Dopo averla raccolta nei boschi, trasportata con i carri, tagliata con la sega e spezzata con l'accetta, la legna da ardere era finalmente a misura per le stufe di casa e poteva essere imbancata al riparo della pioggia per essiccare prima dell'uso.
L'alta quota dei masi forzava all'uso delle conifere (pino, abete, larice) il cui legno da poco calore, molta fiamma e incrosta di nerofumo le canne fumarie.
Il rischio d'incendio era in agguato.
Ci si aiuta con motoseghe per il taglio e trattori per il trasporto.
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In ogni caso le abitazioni erano dotate di diverse stufe in muratura (tra i villici) oppure in cotto (tra gli abbienti). Non solo in cucina, per la preparazione dei cibi, ma soprattutto nell'unicolocale riscaldato, il soggiorno o stube.La stanza era completamente rivestita in legno e costituiva sempre il centro pulsante che meglio garantiva la sopravvivenza nei mesi invernali.
Era arredata con tavolo e seggiole per i pasti, in generae abbastanza spaziosa per ospitare l'intera famiglia durante le lunghe serate d'inverno.
Ma soprattutto era il locale che ospitava una struttura che definire "stufa" è semplicistico. Costruita in muratura, di generose dimensioni e con la bocca di alimentazione che dava sul corridoio, quindi all'esterno, non infestava di fumo il locale che rimaneva perfettamente abitabile anche nelle lunghe ore delle notti invernali. Era circondata da una panca in legno e anche da rastrelliere per far asciugare i panni. Inoltre era sormontata da una piattaforma, parimenti in legno, dove era possibile riposare al caldo.
L'uso di riscaldare a legna è tutt'ora assai diffuso nei masi di montagna, anche dove sarebbe possibile fare scorta di gasolio.
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