La segheria veneziana era azionata e seguita da una sola persona, che si occupava dell'intero processo produttivo.
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I tronchi erano già stati accatastati nel modo giusto dal personale che s'era occupato del trasporto. Il segantino ne faceva rotolare uno fin sotto la tettoia, dove veniva intestato, cioè privato delle due estremità sporche di terriccio e rovinate dal trasporto a strascico. |
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Veniva poi fatto rotolare sul carrello e saldamente fissato mediante cunei. A questo punto il segantino dava potenza, cioè spostava il getto del canale d'acqua in modo che colpisse la ruota a pale, cosa che metteva in movimento tutto il meccanismo che azionava alla lama dentata posizionata in verticale alla testata del tronco. Restava solo da azionare il meccanismo a freno e scappamento che faceva avanzare il tronco contro la lama dentata.
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Negli impianti di costruzione recente (come quello di Valzanca di Caorìa, nel Primiero-Vanoi trentino, che risale al 1800) si procedeva non solo al taglio delle assi ma anche alla loro rifilatura, che avveniva tramite una sega circolare azionata anch'essa dalla forza dell'acqua. Si parla, in questo caso, di segheria "a due stadi". |
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Lavorando 10-12 ore al giorno, il segantino riduceva in assi da opera circa 5 metri cubi di abete o pino, che erano le essenze legnose più tenere ed usate.
La stima vale per impianti standard, come quello della segheria di Valzanca, qui illustrata, che era alimentata da un flusso d'acqua di 120 litri al secondo e che sviluppava una potenza di 5 Kilowatt (circa 7 cavalli-vapore).
Il video a lato è stato realizzato dallo studio multimediale Carlo Bazan di Volpago del Montello (Treviso).
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