12 febbraio 2019

Dopo il 1945, quando iniziò la grande fuga dalla montagna

"...restaurazione, televisione, boom economico, 600 Fiat!" (Francesco Guccini nel suo "Il 3 dicembre del '39"). Dopo la WW2 molte famiglie contadine scesero nelle periferie cittadine, attratte dalle opportunità di lavoro offerte dalle fabbriche...
case ai pugnai
L'abbandono della montagna interessò soprattutto le Alpi Occidentali, dove l'esodo verso le fabbriche di Torino e del triangolo industriale Torino-Genova-Milano prese ritmi frenetici. In Trentino giunse attutito, ma colpì comunque con durezza i piccoli paesi che vivevano solo di agricoltura di autoconsumo e frazionavano la proprietà fra gli eredi. Nella foto un caso fra i molti: il piccolo insediamento delle case Ai Pugnai, nella valle del Cismon, in Trentino. A titolo di esempio si vedano le esplorazioni di A. Ghezzer (Agh) tra gli insediamenti abbandonati lungo l'Avisio nella Val di Cembra.
Federico Aimar
L'esodo dalle terre alte si lasciò alle spalle case vuote e mura diroccate lungo tut-
to l'arco alpino, con la sola eccezione del Sudtirolo, terra di maso-chiuso dove la
proprietà indivisa passava al figlio maggiore.                (foto di Federico Aimar)
...che erano cresciute come funghi negli anni della ricostruzione post-bellica e del boom economico.
Al contadino di montagna le otto ore di lavoro in fabbrica sembravano poche e il salario era comunque più ricco, e soprattutto più sicuro, degli incerti guadagni forniti dal lavoro nei piccoli appezzamenti famigliari.
Vivevano in casermoni di periferia tirati su alla svelta da una speculazione edilizia frettolosa e vorace, ma in quegli appartamenti cominciarono pian piano a comparire la televisione, la lavatrice e il frigorifero mentre già si cominciava a pensare alla Fiat 600.

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