5 novembre 2014

Segheria veneziana e segheria augustana

Intorno al 1500-1600 si affermano due modelli principali di segheria idraulica, la segheria veneziana e quella augustana.
segheria veneziana
La ruota per di sotto di piccolo diametro ad alta velocità di rotazione muoveva il
telaio con la sega senza usare ingranaggi di moltiplicazione, semplicemente con
un meccanismo biella-manovella che trasformava la rotazione della ruota in un
movimento rettilineo alternativo (un ciclo di va-e-vieni per ogni giro della ruota).
La segheria veneziana era mossa da una ruota idraulica a pale di piccole dimensioni, alimentata per di sotto e direttamente collegata al sistema biella-manovella che trasformava il movimento rotatorio della ruota nel movimento alternativo di va-e-vieni richiesto dalla segagione..
segheria veneziana
Con lo schema veneziano si eliminavano gli elevati attriti provocati dai denti degli
ingranaggi usati nel tipo augustano ma, per contro, per assicurare una elevata velocità
di rotazione mantenendo una sufficiente forza di taglio era necessario un flusso di
acqua più abbondante. Sopravvivono esempi di segherie veneziane restaurate in Val
d'Ultimo, a Caoria (nel Primiero), etc.
La veneziana era il prodotto di un ambiente tecnologico avanzato, quello della Repubblica di Venezia, che organizzava in modo efficiente un settore di importanza strategica come quello della lavorazione e del commercio del legname, un ambito nel quale la città lagunare rivestiva un ruolo di assoluto rilievo, almeno fino al XVII secolo.
Sul principio di funzionamento di questa macchina si è basata tutta la generazione di segherie che utilizzavano il sistema biella-manovella in opposizione al sistema a camme, tipico delle segherie augustane.
La loro grande diffusione e la loro tenace persistenza, che si protrasse fino agli anni '60 del Novecento, si spiegano con la straordinaria efficienza assicurata da una ruota di piccolo diametro che gira molto velocemente (2-3 giri al secondo) e non perde forza a causa degli elevati attriti di ingranaggi (in legno) di reindirizzamento del moto.
I libri di storia della tecnologia non riconoscono la rilevanza del modello di sfruttamento dell’energia idraulica proposta dalla piccola ruota della sega alla veneziana.

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segheria augustana
Le ruote usate nelle augustane erano più grandi e molto più lente. Si affidavano al
peso dell'acqua che riempiendo i cassetti li trascinava in basso producendo in tal
modo il moto rotatorio dell'asse principale. Era però necessario aumentare tale
velocità e per farlo si ricorreva ad una coppia di ingranaggi moltiplicatori in legno
che però sprecavano molta energia in attrito.
La segheria augustana era mossa da una grande ruota idraulica a cassette alimentata dall'alto.
segheria augustana
La segheria augustana era sì in grado di funzionare con portate modeste e acque
lente ma aveva un rendimento basso e questo spiega la sua limitata diffusione tra
le vallate alpine, dove l'acqua abbondante permetteva di usare lo schema veneziano.
La ruota grande aveva l’indubbio vantaggio di consentire l’impianto di una segheria anche in presenza di portate d’acqua molto inferiori a quelle necessarie per una veneziana.
Questo aspetto ebbe un peso notevole per la diffusione delle segherie con ruote grandi e ingranaggi moltiplicatori anche al di fuori della zona alpina, o comunque in quelle zone dove i torrenti scarseggiavano di acqua.
Sulle Alpi le acque veloci abbondano, e quindi l’importanza del modello augustano nell’arco alpino era minore rispetto al sistema alla veneziana.
I vantaggi di quest’ultimo erano infatti evidenti, dato che il numero di giri della piccola ruota idraulica era assai elevato e veniva trasmesso direttamente al telaio della lama di taglio (numero corse del telaio = numero giri ruota idraulica). Nelle segherie tedesche, augustane o meno, erano invece sempre richieste una o più ingranaggi moltiplicatori per raggiungere una frequenza sufficiente di corse del telaio. Infatti, la grande ruota idraulica aveva un numero di giri al minuto piuttosto basso, a seconda del suo diametro. Questo fatto comportava un aumento notevole delle resistenze passive, dato che un numero maggiore di organi di trasmissione andava ad aumentare il lavoro perduto a causa di attrito, urti, resistenze, riscaldamenti localizzati e usure dei componenti. Si aveva perciò un aumento notevole della potenza motrice necessaria e una conseguente diminuzione del rendimento. 

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