Nel 1985 il canal dele bore di Forno è ancora ben conservato e il rivestimento di superficie appare integro, ancora adatto al trasporto a valle dei tronchi. |
Anche questa stretta valletta che dell'anfiteatro del Latemar scende diretta e ripida nella Val di Fiemme ha sofferto dei cambiamenti climatici.
La vittima principale è stato proprio il lungo canaletto rivestito di pietra che i boscaioli usavano per calare a valle i tronchi d'albero della Ma-gnifica Comunità di Fiemme.
Era uno dei tanti "canai dele bore" che un tempo segnavano i fianchi delle nostre montagne.
👉 Le bore erano sezioni di tronco lunghe sui quattro metri e viaggia-vano rapidi nella canaletta, che nei mesi invernali si trasformava in una vera pista da bob.
In tal modo si risparmiava un bel po' di fatica e i boscaioli portavano a termine il loro lavoro molto più in fretta.
👉 Costruire queste canalizzazioni era faccenda lunga e complicata, che veniva portata a termine nell'arco di più generazioni. Andava innanzitutto tracciato il percorso e poi scavare un fossato largo e profondo. I fianchi e il fondo andavano lastricati di pietre bene assestate le uno contro le altre e bisognava curare che la superficie esterna fosse la più omogenea e liscia possibile. Solo così sarebbe stato possibile far scivolare le bore con la neces-saria scorrevolezza. La canaletta era sottoposta a note-voli sollecitazioni e per sopportare il continuo passaggio e gli urti delle bore lanciate verso valle gli strati di lastricato dovevano essere più d'uno, specialmente sul lato ester-no delle curve.
👉 Anche se facilitata dai canai, il lavoro nei boschi rimaneva co-munque una delle attività più fa-
Nel 2016 il tracciato dell'antico canale sopravvive solo in alto, dove la valle si allarga e dove un tempo iniziava la lunga corsa dei tronchi lungo la pista che li accompagna- va a valle, vincendo un salto di ben 400 metri. Ma è ormai ricoperto dalle foglie e dal muschio, segno di completo abbandono. |
ticose e anche molto pericolosa. Bastava infatti una piccola distra-zione e si finiva schiacciati dai tronchi.
Incidenti più o meno gravi erano all'ordine del giorno e "ai tempi" non c'era certo il 118, nè altra possibilità di aiuto, senza contare che fino a tutto l'Ottocento la medi-cina moderna semplice-mente ancora non esisteva e la minima ferita poteva facilmente infettarsi e andare in cancrena. Ancora oggi è possibile vedere altarini ed edicole che comme-morano le "morti bianche" dei boschi. Si faceva affidamento sulla buona sorte e sulla robusta tempra della gente delle "terre alte".
👉 Della famiglia dei "canai de le bore" fa parte anche l'ardita Calà del Sasso, quei 4.444 gradini affiancati dalla canaletta selciata che scendevano dall'alti-piano di Asiago fino a Valstagna, in Valsu-gana, dove i tronchi venivano affi-date alle acque del Brenta e proseguivano il loro viaggio verso i cantieri veneziani.
Nessun commento:
Posta un commento