"...restaurazione, televisione, boom economico, 600 Fiat!" (Francesco Guccini nel suo "Il 3 dicembre del '39"). Dopo la WW2 molte famiglie contadine scesero nelle periferie cittadine, attratte dalle opportunità di lavoro offerte dalle fabbriche...
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L'abbandono della montagna interessò soprattutto le Alpi Occidentali, dove l'esodo verso le fabbriche di Torino e del triangolo industriale Torino-Genova-Milano prese ritmi frenetici. In Trentino giunse attutito, ma colpì comunque con durezza i piccoli paesi che vivevano solo di agricoltura di autoconsumo e frazionavano la proprietà fra gli eredi. Nella foto un caso fra i molti: il piccolo insediamento delle case Ai Pugnai, nella valle del Cismon, in Trentino. A titolo di esempio si vedano le esplorazioni di A. Ghezzer (Agh) tra gli insediamenti abbandonati lungo l'Avisio nella Val di Cembra. |
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L'esodo dalle terre alte si lasciò alle spalle case vuote e mura diroccate lungo tut- to l'arco alpino, con la sola eccezione del Sudtirolo, terra di maso-chiuso dove la proprietà indivisa passava al figlio maggiore. (foto di Federico Aimar) |
...che erano cresciute come funghi negli anni della ricostruzione post-bellica e del boom economico.
Al contadino di montagna le otto ore di lavoro in fabbrica sembravano poche e il salario era comunque più ricco, e soprattutto più sicuro, degli incerti guadagni forniti dal lavoro nei piccoli appezzamenti famigliari.
Vivevano in casermoni di periferia tirati su alla svelta da una speculazione edilizia frettolosa e vorace, ma in quegli appartamenti cominciarono pian piano a comparire la televisione, la lavatrice e il frigorifero mentre già si cominciava a pensare alla Fiat 600.
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