2 aprile 2012

Il maso padronale sudtirolese

Il maso padronale Mair am Hof: origini e storia (vedi anche guidaaltoadige.blogspot.comla_abitazione
Al margine superiore dell'antico insediamento di Dietenheim si trova una imponente tenuta, il Mair am Hof. È uno dei quattro grandi masi padronali in questo piccolo villaggio, che ha però una storia antica e che lega la sua origine a un nobile bavarese di nome Diet oppure Theo del grande casato degli Agilolfinger.
La prima citazione documentata risale all'anno 995, quindi, cento anni più tardi nell'anno 1090, quando il vescovo di Bressanone-Brixen Altwin riceve in donazione un terreno a Dietenheim che, secondo Paul Kofler, è la piazza dove oggi c'è la chiesa.
I diritti del Capitolo di Bressanone-Brixen erano rappresentati dal Niedermair. Il Mair am Graben dipendeva dal convento di Sonnenburg, cui il Mair am Bach fungeva da mensa dell'ufficio giudiziario di Brunico-Bruneck.
È notorio che allora quasi tutta la Pusteria apparteneva alla Contea di Gorizia. A questa infatti doveva pagare tributi il «villicus supra Dietenheim», ossia il Mair am Anger, con cui si intende il nostro Mair am Hof.
Nel libro fondiario della Contea Anteriore di Gorizia il Mair am Hof è indicato con un tributo di due staia di frumento, tre staia d'orzo, tre marchi in primavera e tre in autunno e quattro pecore. Dei proprietari degli anni seguenti sappiamo molto poco.
Nell'anno 1484 il conte Enrico di Gorizia infeudò con il Mair am Hof, fino a quel momento occupato da un Gotschel, Ulrich von Nater. In questo periodo i contadini di Dietenheim ottengono dal conte Leonardo di Gorizia il diritto di derivazione di acqua dal Wielenbach (1496).
Quest'acqua era di vitale importanza, e ancora oggi si possono vedere dei resti di canali di irrigazione di quel tempo.
Dai conti di Gorizia il maso passò ai principi regnanti di Asburgo e fu per lungo tempo feudo principesco.
Ecco alcuni titolari del feudo:
1501 Hanns Prenner
1508 Sigmund Prenner
1528 Wolfgang Jöchl zu Brixen
1539 Peter Söll zu Bruneck
1544 Leonhard Söll zu Bruneck
In una «Descrizione della Pusteria» del 1545 (Tiroler Landesarchiv Innsbruck) vengono elencati alcuni masi tributari della villa di Dietenheim, situati nell'ex-distretto giudiziario di Michelsburg.
Al foglio ó92 si legge «Il Mair am Hof di Dietenheim appartiene ora agli eredi di Peter Sellen, che lo ha comperato da Woligang Jöchl con tutti i tributi di 80 staia di grano e dodici libbre di denari bernesi e con le decime relative, per cui questo maso ora è libero da tributi e decime inoltre gli stessi eredi possiedono anche un campo di un jugero e due stari e mezzo.
Il tributo annuo da versare a Schenk, ora (Clcment) Pamgarter di Dietenheim è di tre staia di segala e tre staia di orzo.
Inoltre Peter Sell ha acquistato con questo atto legale un campo di cinque stari, che prima era tributario della chiesa di St. icolas a Stegen, unitamente al diritto di tributo, di modo che il campo è libero da tributi.
Decime.
E da questo campo di cinque stari darà annualmente come decima al titolare di St Jorgen (St. Georgen) uno staio di segala, uno staio di orzo.
Con questo atto legale acquista inoltre una casa colonica con orto, il tutto libero da tributi, livelli e decime. »
Dei 13 masi elencati, il Mair am Hof era uno dei più grandi. Nel 1548 sono nominati come titolari del feudo Hanns e Martin Mair di «Wellenpach».
1561 Martin Mair
1567 Valtin Stoker zu Fassing
1605 Martin Stocker
1627 Caspar Achmülicr zu Mitterolang
1629 Matheus SchefUmayr zu Mühlen
1633 Barbara Stockherin
1640 Peter Mayr
1649 Ludwig Perkhofer zu Brixen
1651 Hanns Gaudenz von Rost
1659 Rochus Mathioli
1682 Miehael Jordan
1674 Rochus Jordan
1684 Lorenz Hormayr
1638 Antoni Wenzl
1717 Franz Andrä Wenzl
1720 Joseph Andree Wenzl
1744 Johann Georg Freiherr von Sternbach
1766 Ignaz Freiherr von Sternbach
1795 Joseph Alexander von Sternbach
1796 Jakob Mutschlechner
Nella storia di questo antico maso i Wenzl sono certamente i personaggi più importanti. Provenienti daila Carinzia, si stabilirono a Brunico-Bruneck nella seconda metà del sedicesimo secolo, dove ben presto diventarono ricchi e onorati.
Pankratius Wenzl, curatore di Lengberg presso Lienz per conto del Principe di Salisburgo, ricevette un titolo di nobiltà dal Conte di Licnz Franz von Thurn. Lo stemma consiste in un fondo campo obliquo di colore azzurro con due stelle a otto punte in nero. Il figlio di questo Pankratius, Stefan, si trasferì a Brunico-Bruneck nell'anno 1577, e fu certamente un bravo negoziante di panno, che la sua vedova, Margareth Taschler di Bressanone-Brixen, poté lasciare alla sua morte, avvenuta nell'anno 1636, un patrimonio stimato 15.271 fiorini.
I Wenzl erano non soltanto ricchi ma anche persone colte. Nel 1654 Martin Wenzl, dottore in teologia e hioscha, viene accolto, sebbene senza titolo nobiliare, nel Capitolo del Duomo di Bressanone-Brixen. Anche suo fratello Johann Baptist, dottore in teologia, viene elevato nel 1663 a canonico soltanto in base al suo titolo accademico; ma egli chiese ed ottenne nell'anno 1664 dall'imperatore Leopoldo I° un titolo di nobiltà imperiale per sè e per i suoi nipoti.
Il fratello di questo colto membro del Capitolo Andrä Wenzl, la cui madre era una sorella del vescovo ausiliare di Bressanone-Brixen Jesse Perkhofcr, comperò nel 1682 dagli eredi dei Perkhofer la tenuta di Wolkenstein-Selva, piuttosto malandata, e la restaurò chiamandola poi col nome di Sternbach.
Il figlio di Andrä, Anton, chiese ed ottenne in seguito dal principe vescovo di Bressanone-Brixen Paulinus il permesso di chiamarsi. dal nome della tenuta stessa, von Wenzl zu Sternbach.
Il suo stemma consiste in uno scudo sormontato da una corona con un ruscello che scorre da sinistra a destra e una stella a otto punte su fondo azzurro, in ciascuno dei due campi.
Questo Anton Wenzl zu Sternbach ci interessa in modo particolare, perché è il costruttore del Mair am Hof.
Nato il 13 giugno 1651, sposò Anna Maria Katherina Mor von Sonnegg zu Köstlan, e fu proprio per mezzo di questo matrimonio che i Wenzl entrarono in possesso non solo della tenuta di Sonnegg ma anche del Mair am Hof.
Nel 1688 nacque il loro figlio Felix Anton, che morì nel 1736 come canonico del Duomo di Bressanone-Brixen; uno degli altri tre figli, Johann Georg, pare abbia ereditato il maso.
Era sposato con Maria Helena, contessa di Tannenberg.
Il loro patrimonio, già molto consistente per se stesso, fu considerevolmente aumentato dai proventi delle miniere di Prettau-Predoi.
Ma non dimentichiamo che a questa miniera di rame sono legati certi particolari avvenimenti.
Nel 1676 Stefan Wenzl comperò la miniera dai creditori dei conti di Wolkenstein-Selva, ma la rivendette ancora nello stesso anno: per metà ai sunnominati fratelli Anton e Barthlmä, l'altra metà a Georg Tannauer von Tannenberg.
Sulla tavola votiva del 1698, attribuita a Kaspar Waldmann e che si trova nella chiesa parrocchiale di Prettau-Predoi vi sono rappresentati i tre soci Joseph Freiherr von Tannenberg e i due fratelli Anton e Barthlmä Wenzl, signori di Sternbach.
Barthlmä, che ben presto morì era sposato con Katharina Tannauer e il loro unico figlio Franz Andrä diventò proprietario dei tre quarti della miniera e uomo ricchissimo.
Fu lui che nel 1698 fu elevata dall'imperatore Leopoldo I° a barone e poté quindi fregiarsi anche del titolo di «Signore di Oberfalkenstein e Groppenstein» e che come ricco protettore della città di Brunico-Bruneck fece erigere la Mariensäule di Brunico-Bruneck da Michael Rasner. Lo stesso barone fece costruire più tardi anche il castello di Wolfsthurn a Mareit, dove i discendenti del barone dimorano ancora. La costosa elevazione al grado di barone giovò anche a suo zio, il summenzionato Anton Wenzl von Sternbach zum Stock und Luttach und Angerburg-Signore in Groppenstein e Oberfalkenstein.
Egli diventò infatti Consigliere imperiale e del Principe-Vescovo e fu nominato vassallo per i suoi fratelli come per suo nipote Franz Andrä.
Fra il 1690 e il 1700 egli trasformò il Mair am Hof in una residenza signorile. Mori il 13 gennaio 1716 e fu sepolto nella chiesa parrocchiale di Brunico-Bruneck.
Il grande storico Joseph Resch ha descritto nei suoi «Monumenta», (Brixen 1765) la sua tomba di marmo nero nel corno del vangelo della chiesa e ci ha tramandato l'iscrizione.
Ciò significherebbe che la morte non ha osato di abbatterlo in pieno giorno; in un agguato notturno essa lo ha ucciso. E se tu domandi: come sarà stato il suo trapasso?
Credi pure: sereno e felice. Poiché egli è spirato serenamente nel giorno di S. Ilario ed è sepolto davanti all'altare di S. Felice…
Potrebbe essere che l'accenno all'agguato notturno non sia altro che una figurazione barocca e che il barone sia morto effettivamente tranquillo nel suo letto.
Ma l'orafo e cronista di Brunico-Bruneck, Johann Nep. Tinkhauscr scrive, che Anton Wenzl fu assassinato durante la notte.
E ciò corrisponde anche a quanto si tramanda nella famiglia Sternbach. Nella cronaca di Paul von Sternbach si legge a pagina 95:
«Una comunicazione non del tutto chiara del Tribunale di Imst di anni addietro informa che l’assassino è stato identificato in Carinzia oppure a Graz, in base alla sua stessa confessione sul letto di morte.»
Alcuni titoli di investitura feudale, di data posteriore, citano Joseph Andrä come vassallo titolare di possedimenti. Ma questo ramo della famiglia è decaduto un po’ alla volta e si è spento. Nel 1796 nel Mair am Hof c’erano già i Mutschlechner. Erano dei bravi contadini, ma non erano certamente in grado di provvedere a una regolare manutenzione dell’edificio signorile.
Maria Mutschlechner, ereditiera, sposò nel 1919 Hermann Mair zu Niederwegs, ma morì già nel 1920.
Pochi anni dopo, nel 1923, il Mair am Hof diventato di proprietà pubblica, fu adibito a sede della scuola di agricoltura, e così rimase fino alla fine del 1984.
L’edificio era arredato in passato molto più riccamente di quanto non lo sia oggi; soltanto pochissime cose provengono dal tempo degli Sternbach e dei Mutschlechner.
Ludwig Steub che, visitando Dietenheim nel 1870, era entrato anche nel Mair am Hof, ci ha lasciato una relazione, ricca di informazioni:
«Dato che avevo già percorso quattro villaggi, pensai che potevo concedermi una birretta ed entrai al “Blauen Bock”, la migliore osteria di Dietenheim, che, come avevo detto prima, ha aggiunto per far piacere agli italiani la scritta “Al becco turchino”. Nel giardino erano seduti il curato e un giovane dottore del posto. Domandai se il grazioso villaggio fosse anche luogo di villeggiatura, e mi risposero che almeno una famiglia inglese, con parecchie signore, soggiornava per il momento in paese. Che a Dietenheim c’era anche una grande casa, non proprio arnica, ma nemmeno moderna, colorita di rosso e di giallo, chiamata Mair am Hof.
Centosettanta anni prima uno dei Signori di Sternbach, i proprietari delle ricche miniere della Valle Aurina, l’aveva ricostruita dalle fondamenta e vi aveva sistemato un magnifico giardino con fontane zampillanti. Ora la casa apparteneva a un contadino benestante di nome Mutschlechner, il cui figlio, proprio il giovane dottore che era seduto nel giardino col curato, mi invitò cortesemente a dare un’occhiata alla casa stessa, che era di suo padre.
Veramente, il magnifico giardino con le fontane zampillanti non esiste più; ma nella casa ci sono le basi per un piccolo museo della Pusteria: costumi antichi, preziosi abiti nuziali di tempi passati, splendidi cappelli gialli con nastri verdi, come li portavano una volta le donne della Pusteria, e altre cose del genere. In un armadio si conserva anche una di quelle ghirlande che si mettono sul capo della mucca guidaiola al ritorno dalla malga: un grazioso intreccio di fiori artificiali, foglie e cordicelle dorate, del valore, si dice, di almeno ottanta fiorini.
E’ noto che le mucche si invidiano a vicenda per simili ornamenti, come certi uomini meritevoli per le loro decorazioni.
Una gigantesca stufa dei tempi migliori della maiolica orna la sala.
Come in ogni dimora signorile, c’è anche qui una cappella. In questa si conservano ancora, davanti all’inginocchiatoio dei Signori, due grate di legno artisticamente intagliate e scurite per l’età, un oggetto che ha già attirato più di un raccoglitore di cose antiche, e per il quale i «giudei» hanno già offerto cinquecento fiorini in contanti.
Da queste poche cose rimaste possiamo farci un’idea di quante cose preziose dovevano esserci nelle innumerevoli case signorili del Tirolo, prima che finissero nelle mani dei contadini. Ma dove sono adesso? Ci piacerebbe proprio saperlo. »
Ma ci sono voluti oltre cento anni, prima che si realizzasse l’idea di allestire in questa casa non proprio un museo della Pusteria, bensì il Museo degli usi e dei costumi della Provincia di Bolzano-Bozen.
Quella famiglia inglese ha trascorso molto tempo nel Mair am Hof. Mary Howitt descrive questi soggiorni nel secondo volume della sua interessantissima autobiografia (Cambridge USA 1889).
Ritengo opportuno riportare qui le osservazioni della instancabile viaggiatrice, almeno in forma condensata, tento più che anche i disegni di sua figlia Margaret sono molto esplicativi.
Definì un felice caso, quello che nell'estate del 1871 durante il suo viaggio nel Tirolo la consigliò ad entrare in quella casa che nonostante l'evidente lenta rovina si innalzava grande e imponente al margine più lontano di Dietenheim dove il paese comincia a salire. La casa le si presenta dipinta nello stile del Palladio con colonne greche ed altri ornamenti; finestre e balconi sono muniti di belle inferriate di ferro battuto.
Anche gli edifici rustici le appaiono altrettanto massicci; essi sono accessibili attraverso un cortile e un portale sul frontone del quale si vedeva allora un vistoso affresco. In armonia con la fede dei tirolesi rappresentava la Madonna con il piccolo Gesù, S. Giuseppe, l'angelo custode con un bambino e i Santi Nepomuceno e Floriano protettori dai pericoli dell’acqua e del fuoco.
Ma questo affresco e stato distrutto dalle piante rampicanti già da parecchi anni.
I visitatori vengono accompagnati dal figlio, un uomo alto con buone maniere nella casa attraverso un grande vestibolo in una sala con otto finestre e un soffitto di stucco finemente lavorato pure scomparso già da diverso tempo.
Dall`altra parte del vestibolo c'è una stanza dalla quale si può guardare giù nella cappella. Ma anche questo non è più così. I visitatori vengono alloggiati nelle stanze al secondo piano che guardano verso sud, dove un balcone offre uno splendido panorama della Pusteria.
La casa nella sua dignitosa decadenza corrisponde in pieno al gusto delle dame che si considerano veramente fortunate di venire accolte come inquiline.
Il padrone di casa, Anton Mutschlechner, conosciuto da tutti come «padrone del maso», è un uomo magro vestito in modo semplice. Da bambino si ricorda ancora dell'acquartieramento di ufficiali francesi che lo coccolavano: inquilini terribili che consumavano interi carri di legna per scaldarsi rendendo inservibile per sempre la magnifica stufa bianca di maiolica di Faenza.
Nella casa regna ordine perfetto. Lavoro e preghiera santificano il corso della giornata che anche le donne trascorrono con utili occupazioni e anche con lavori più pesanti nell'orto piuttosto trascurato Dietro la casa sale dolcemente il pascolo comunale e c'è una croce fra due tigli. Là le dame vanno a sedersi tutte le sere per ammirare il rosso del crepuscolo dietro le guglie delle Dolomiti. Fra i rami del vecchio pioppo dove oggi ci sono i tigli c'è il nido di una civetta. Attraverso le aperture del sottotetto sfrecciano le rondini, che nella tarda estate stanno insegnando il volo ai loro piccoli.
Gli ospiti si sentono come a casa propria e si arredano il piano superiore secondo i loro gusti.
Il padrone di casa che di solito era avverso ad ogni innovazione vuole ora fare qualcosa di più per far piacere ai suoi ospiti ma senza volerlo li riempie di vero sgomento. Sostituisce gli antichi vetri esagonali con lastre rettangolari, tinge e decora le pareti della sala con degli stampi che fanno pensare alla sala d'aspetto di una stazione ferroviaria, rivernicia le porte per farle sembrare di mogano o di legno pregiato del genere e toglie le serrature di ferro finemente lavorato.
Per fortuna in un corridoio secondario rimangono intatte due porte, i cui pannelli erano dipinti a tempera con dei motivi classici. Siccome le dame, ospiti della casa, lodano e magnificano i pregi di questi dipinti le porte non vengono toccate (Josef Weingartner accenna nella prima edizione dei «Monumenti di arte» a queste porte, e nel corso di successivi lavori di restauro si poterono recuperare altre nove porte dipinte in quella maniera).
Mary Howitt si tiene informata di quanto avviene intorno a lei, così per esempio, della visita del nuovo Principe Vescovo Simon Aichner. E’ il 20 agosto 1880 ed è un giorno festivo per Brunico-Bruneck.
Racconta anche delle manovre militari alla presenza dell'imperatore nel settembre del 1886.L'imperatore ha preso alloggio a Brunico-Bruneck con quattro arciduchi e osserva i combattimenti simulati proprio nei campi intorno al Mair am Hof.
La gente può avvicinarsi senza timore all’imperatore ciò che per molti significa il momento più felice di tutta la vita. E la servitù di casa ebbe la grande soddisfazione di sentire l'imperatore lodare ed ammirare l'aspetto esterno del Mair am Hof, che per l'occasione era festosamente ornato di bandiere.
«Grandiosa» egli definisce la casa, parlando con il suo aiutante. Grandiosa, infatti.
Anche la malga del Mair am Hof andarono a visitare le dame ospiti. Questa malga è situata nella Bacherntal in Rein. Poterono osservare il comportamento del bestiame, quando arriva e quando parte dalla malga, o come le mucche impazienti correvano a raggiungere i loro posti. E’ ben raro che dei villeggianti si siano immedesimati cosi intensamente nell'ambiente che li circonda, come la famiglia Howitt durante le stagioni estive degli anni settanta e ottanta del secolo scorso. Questo soggiorno, e queste osservazioni sono di cento anni fa. Nel frattempo molte cose si sono cambiate, ma il decadimento del Mair am Hof si è comunque arrestato.
descrizione della residenza signorile
Il Mair am Hof si presenta come un grande maso appaiato con la fronte rivolta verso il sud.
I tetti hanno lo spiovente tronco così caratteristico per la Pusteria e sulla casa signorile risulta spostato da un frontone finto con nicchia per campana. Verso il lato sud gli edifici sono collegati da portale e da un frontone a volute e proprio sui campi esterni di questo c'era una volta un affresco il quale su vecchie illustrazioni si vede ancora.
La struttura esagonale in muratura di un pozzo a carrucola fa bella mostra di sè nel cortile interno recentemente lastricato a nuovo. Le pietre di granito accuratamente lavorate portano l'iscrizione 1722 P.S.
Due portali con colonne di granito ornano la parte ad ovest. I due balconi sovrastanti sono muniti di inferriate panciute di ferro battuto. Anche le finestre e le porte dei balconi hanno delle inferriate. La tinteggiatura della casa si tiene molto sullo scuro, un cupo color rosso che volge quasi al lilla. Il lato a sud e quello ad ovest sono alleggeriti da figure architettoniche simulate, con colonne, balaustrate e pietre angolari dipinte.
Il lato frontale è interrotto da un Erker quadrangolare che al secondo piano e sormontato da un balcone panoramico, con inferriata panciuta. Sulla parete dell'Erker vi è dipinta una meridiana (orologio solare).
Una donna graziosa dall'aspetto giovanile in piedi su un podio, si sta accomodando in un ampio arco, la gonna ricca di pieghe e ben ornata di pizzi. Fra le delicate guarnizioni dei pizzi sono indicate le ore in cifre romane, sopra le quali nei giorni di sole scorre muta e costante l’ombra dell`asticella: simbolo del tempo che fugge in silenzio.
Accanto allo zoccolo si vedono gli stemmi degli Sternbach e dei Mor, i costruttori della casa stessa. Si entra in casa attraverso uno dei due portali di pietra che si trovano dalle parti dei due spioventi. Piano terra e primo piano presentano ciascuno una spaziosa sala centrale con un corridoio piuttosto stretto ad angolo retto.
Queste sale e questi corridoi danno accesso alle vaste stanze delle quali alcune sono ancora decorate con stucchi ma altre non presentano che un semplice soffitto a volta.
Al piano terra c'erano la cucina e la dispensa (dalla quale una scala portava in cantina), che erano, come tutto in questa casa. comode e grandiose. E questo fa pensare a una famiglia composta da molte persone e a una corrispondente economia di ammasso.
Dalla cantina c'è un passaggio verso lo «Ziggl» il pozzo a carrucola che da questo punto è profondo ancora 15 metri. Si racconta che nel 1809 vi sia annegato e sprofondato un soldato francese o forse due. Quando la fornitura di acqua potabile fu assicurata in un altro modo il pozzo fu usato per anni come buca per le immondizie.
Particolarmente degna di menzione è la grande stanza con Erker sul lato sud, rivestita con tavole di cirmolo in stile barocco. Su due dei sinuosi armadietti a muro i Mutschlechner si sono fatti immortalare (1798).
Al locale più prezioso della casa si arriva attraverso il lungo corridoio: è la cappella, nella quale si entra passando per un atrio. E’ quadrangolare, alta: i pilastri piatti aderenti alle pareti portano il soffitto, anche piatto di stucco decorato di figure di foglie e di tralci di ogni genere.
Ghirlande di frutti ed angeli che sventolano nastri fanno da cornice al grande dipinto del soffitto, ed ai quattro angoli vi sono applicati dei dipinti a forma di medaglioni, che illustrano la vita di S.Antonio di Padova.
Il dipinto del soffitto, probabilmente opera di Giuscppe Alberti, combina per il contenuto con la pala dell’altare.
Maria, ai cui piedi si trastullano degli angioletti, tiene in mano un drappo bianco, forse una fascia per bambini. Sulla pala dell'altare un S. Antonio dall'aspetto piuttosto tetro tiene in braccio un Gesù Bambino nudo. Una delle molte leggende intorno a S. Antonio racconta infatti che il grande invocatore di Dio sentisse un così ardente affetto per il Divino Bambino, che questo, attratto da tanto fervore, si sia gettato nelle braccia del santo sfuggendo alla Divina Madre e lasciando indietro le fasce che lo avvolgevano.
E una simpatica leggenda, quella che il quadro rappresenta. Essa testimonia, come tante altre cose, La grande venerazione per S. Antonio di Padova nella pietà del barocco, venerazione che è più che mai viva anche oggi nel nostro popolo.
L'altare di questa cappella consiste in una mensa a cassettone piuttosto semplice, affiancata da colonne di marmo. Sotto il frontone a volute troviamo di nuovo lo stemma degli Sternbacih, mentre sopra il piano dell’altare si legge la seguente iscrizione:

Å DÑI MDCC
ALLES GOT UND DEN HEILIGEN ANTONI ZU EHRN
ANTON WENZL E V ST Z ST
VÐL HA GROO H CR V F B R
HAT DIS GEBEY V GRUND AUF PAUEN
UND ZUR DANCKBARKEIT DIE CAPELLEN
UND DEN ALTAR BEISEZEN LASSEN

(Anton Wenzl in onore di Dio e di S. Antonio ha costruito da fondo questa casa e la cappella.)


Ai fianchi dell'altare stanno S Gioachino e S. Anna. L'altare è opera dello scultore Christoforo Benedetti, che ha creato opere simili anche a S Antonio presso il maso Deutschhaus di Siebeneich, a Termeno-Tramin, nel santuario di Maria Trens (l'Altare delle Grazie), nella cappella della Madonna di Neustift e nella chiesa del castello di Bressanone-Brixen. Tutti questi incarichi ci dimostrano che egli era considerato come un importante maestro-costruttore di altari.
Tra i pezzi notevoli di questa cappella sono da annoverare anche le porte degli armadi della sacristia e degli armadietti a muro, come pure le stesse porte di entrata.
Vi sono intagliati frutti, tralci, foglie e conchiglie, che per l'uomo del barocco erano il simbolo della presenza della grazia divina. Questi lavori di intaglio e i magnifici leoni rampanti ai fianchi anteriori dei banchi della chiesa sono opera dello scultore Michael Rasner di Brunico-Bruneck, che ha scolpito anche i leoni dei banchi della cappella del castello di Brcssanone-Brixen.
Ecco un altro artista che ha lavorato per il principe vescovo e nello stesso tempo anche per Anton Wenzl, il consigliere vescovile. Un discorso a parte merita l’origine non chiara delle tre grate degli oratori, oggi murati.
Sono delle grate di legno scuro, con dei rigogliosi tralci e con sopra delle teste d'angelo dorate e dei piccoli stemmi. C'è chi ha l'impressione che si tratti di sculture lignee di origine orientale o moresca. Dell'antico arredamento della cappella faceva parte anche il quadro della «Resurrezione» di Georg Widmann e l’epitaffio di Hieronymus Mor zu Sonnegg.
Georg Widmann era un pittore di Brunico-Bruneck, morto nell'anno 1591; era un modesto artista, del quale si conserva un'altra targa commemorativa del genere per Andrä Emring, curatore di Freising per San Candido-Innichen.
Su uno dei nastri le parole si sono cancellate: sull'altro si può ancora leggere la scritta: «Siccome io veramente vivo, così io non voglio la morte del peccatore, ma che egli si converta e viva.» Intorno alla tomba aperta giacciono i guardiani armati di mazze ferrate, partigiane e morioni (elmi a punta).
Da lontano si vedono arrivare donne verso la tomba, mentre dietro la cresta dei monti sorge il sole.
Sulla annessa predcila è rappresentata la famiglia Mor con vivi e defunti. Da un lato gli uomini, dall'altro le donne. Sono inginocchiati su bassi sgabelli con le mani giunte in atto di pregare, e col nome e l'età scritti sopra il capo.
Il capostipite della casa, Hieronymus, ha 54 anni, è nato a Brunico-Bruneck nel I5I5 e là è vissuto come ricco membro del consiglio comunale. Comperò il maso Stcinpcintc a Dietenheim e vi costruì la casa padronale di Sonnegg. on questo predicato egli fu elevato al grado di nobile nel 1557. Morì nel 1571 e fu sepolto nella chiesa di Dietenheim.
Di fronte alla cappella c'è un locale, che prima era forse una grande dispensa e che ai tempi della scuola serviva da cucina. Contiene dei dipinti che fanno parte dell'antico patrimonio della casa, cioè i «Quadri del Sacramento» di Kaspar Waldmann, vissuto fra il 1657 e il 1720.
Di questo importante pittore del primo barocco nel Tirolo non esistono, specialmente qui intorno, molte opere.
Tra le più importanti sono sicuramente il dipinto del soffitto nella cappella del castello di Bressanone-Brixen e l'affresco della cupola nella cappella della Madonna di Neustift.
E questa è un'altra prova che Anton Wenzl sapeva valutare a fondo la bravura di un artista.
I quadri a tempera ancora esistenti devono appartenere a un ciclo che si proponeva l'esaltazione del Sacramento dell'altare.
Punto centrale è l'«Ultima Cena».Gli altri sei quadri, incorniciati da festoni di fiori e teste d'angelo, rappresentano l'esaltazione e la venerazione dell'Eucarestia. Indicativo per la pietà del committente appare il miracolo dell'ostia da S. Antonio di Padova. Il francescano dalla parola impetuosa (1195-1231) raggiunse poco dopo la morte la fama di grande taumaturgo.
La predica ai pesci e il miracolo dell'ostia sono annoverati fra le leggende più note.
Un altro quadro ci mostra come S. Chiara di Assisi respinge con un ostensorio un assalto di saraceni. Il comandante, su un cavallo impennato, non può supportare la vista dell'ostia.
Anche dal cielo si scagliano fulmini che aiutano a respingere l’esercito nemico.
Il tema viene poi ripreso in altri quadri.
Un sacerdote sta leggendo la messa e alza, pregando ardentemente, l'ostia. Tutto intorno infuria una battaglia. Ci sono i turchi, dei quali si vede la bandiera con la mezzaluna, e ci sono gli imperiali con l'aquila sugli stendardi. E anche qui il cielo scaglia fulmini e i turchi si volgono in fuga.
Il sacerdote raffigurato, che porta sopra il capo l’aureola del santo, è probabilmente S. Lorenzo da Brindisi (1559-1619), cappuccino, dottore della chiesa ed eloquente cappellano da campo nelle guerre contro i turchi. Prese parte come cappellano e soldato alla battaglia di Stuhlwcißenburg (1601).
Due quadri rappresentano la distribuzione della santa comunione a dei nobili e uno la somministrazione del viatico a un ammalato o morente.
Era la fede insegnata e custodita dalla chiesa che compenetrava e dominava la vita spirituale del popolo. In questa fede e quindi anche nella pietà popolare il sacramento dell'altare assume il posto più importante. Usanze e modo di vivere si ispirano a questo mistero, dalla prima fanciullezza fino alla morte
Il locale contiene, oltre ai quadri descritti, altri oggetti di ogni genere, che possono darci un’idea delle usanze e del modo di vivere del nostro popolo.
Salendo i larghi gradini di pietra del giroscale col soffitto a volta, si arriva al piano di sopra e, precisamente, dapprima nella luminosa sala centrale con il grande soffitto decorato di stucchi.
Sono tre incorniciature di quadri con figure di foglie, frutti, nastri e cartocci. Due porte con incorniciature e severo frontone a triangolo conducono nelle stanze piene di luce del lato sud, che senza dubbio erano adibite a locali di abitazione dei padroni di casa.
Le porte, i cui dipinti sotto tutte quelle verniciature, hanno resistito nel tempo. Insieme con le vecchie serrature e le loro guarnizioni di ferro battuto, queste porte dipinte potrebbero avere valore di rarità.
Lo sconosciuto pittore è riuscito a far rivivere su quei pannelli dei paesaggi che esprimono la gioia del vagabondare e nostalgia per i paesi del sud. Si vedono laghi e rive di fiumi con torri e castelli. Sulle sponde cono seduti dei tranquilli pescatori.
Gli altri oggetti, compresa la stube gotica (1500) con panca e tavolo provenienti da Cortina all'Adige-Kurtinig, sono pezzi da museo e fanno parte della raccolta di suppellettili di contadini benestanti e, in parte, del ceto più alto, come armadi, casse, arredamenti di soggiorni e camere da letto.
descrizione del fabbricato rurale
Se ora usciamo dal portone ad est, arriviamo attraverso il cortile, nel grande fabbricato rurale. Sull`architrave sormontante gli stipiti di granito della porta si legge: 16 AW 90.
Anton Wenzl, da bravo imprenditore, aveva costruito dapprima il fabbricato rurale. Un grande padiglione con soffitto a culla con volta acuta, conduce alle stalle, situate ai due lati, pure con soffitto a volta, e dà accesso al fienile.
Sicuramente lo spazioso cortile centrale serviva per riporvi i carriaggi, e anche oggi è il posto dove sono esposti i landò, le carrozze e le slitte.
Nel ben illuminato locale a sud sono esposti oggetti relativi al bestiame, come campanelle per le pecore. Punto centrale sono i campanacci da malga e tutto quello che occorre per il festoso ritorno dalla malga.
Un altro locale contiene l'occorrente per la lavorazione del lino e della canapa, compresa la tintoria e la corderia.
Nell'accesso al fienile, la cosiddetta «tiefe Schupfe», dove si conservavano la maggior parte delle riserve di foraggio sotto forma di un imponente mucchio di fieno, ci sono oggi macinini e recipienti di legno di ogni genere, pesi e misure. Il primo piano dell'edificio, costruito sopra il piano della stalla con travature e tavolame di legno, è la vera aia, che in Pusteria viene chiamata più propriamente fienile.
Qui sono schierati veicoli di ogni genere: cocchi, carrozze, vetture da viaggio, slitte.
Il pezzo più notevole è senza dubbio la grande trebbiatrice di St. Peter in Val Aurina, la «Drendl». In Valle Aurina c'erano una volta molte di queste macchine, opere meravigliose della tecnica contadina, e del patrimonio culturale sedimentato della antica attività mineraria.
Su un'asse verticale di 6 metri di altezza e 60 centimetri di diametro ruota un grande disco dello spessore di 50 centimetri e del diametro di 4,5 metri. Di fianco a quest'asse sono alloggiati in tre guide orizzontali 16 pestelli di legno lunghi 2,5 metri e molto ingrossati in fondo, i cosiddetti «Schießer».
Subito dietro si muove, pure orizzontalmente, l’albero con 16 bracci che vi sono disposti intorno a spirale, in modo che ogni braccio possa sollevare uno dopo l'altro, il suo «Schießer».
I covoni venivano distesi sul grande disco, in modo che le spighe venissero a trovarsi sotto i pestelli. Bastava voltarli e rimuoverli con una forca, il resto lo faceva la forza dell'acqua.
Sulle rotaie di guida sono incavate delle caselle a forma di scudo con delle scritte sentenziose. In quella più alta si legge «Osserva me e quello che faccio, considera te e ciò che fai, e se ti trovi senza biasimo, allora vieni e disprezzami!»
In quella di mezzo si legge: «Per tutto il tempo della mia giovinezza mi hai anche nutrito, mi hai rallegrato e hai allontanato da me più di una sofferenza».
In quella di sotto si legge «Non dimenticare, anima, il tuo Dio e ciò che ha fatto per te; onora e segui i suoi comandamenti e pregalo con cuore puro e ingenuo!»
Questi versetti, profondamente schietti e onesti, esprimono saggezza popolare e sono una testimonianza di pia edificazione.
La parte centrale della colonna è finemente intagliata e porta la scritta «Anno 1833 Johann Innerbichler».
Da questo ingegnoso prodotto della tecnica e del talento inventivo contadino, passiamo ora di nuovo alle attrezzature e agli arnesi ben più modesti, della coltivazione dei campi e dei lavori di raccolta, sistemati e ben disposti al secondo piano del grande fabbricato rurale.
Il visitatore potrà ammirare prima di tutto la travatura del tetto senza sostegno di colmo e attraverso la «Lieche», come qui viene chiamato l'abbaino, gettare uno sguardo sul panorama circostante e sulla verde distesa dei campi, prima di passare dalla zona agricola padronale a quella degli strati più modesti del popolo.
Ora passiamo attraverso l’orto, che esisteva già dal tempo degli Sternbach e che fu poi coltivato con successo dai sunnominati ospiti inglesi, e attraverso il frutteto fino al gruppo di costruzioni che abbiamo definito maso di contadino autosufficiente.
Questa era la forma di vita, che fino alla prima guerra mondiale si tentava di realizzare nel campo dell'economia e del lavoro agricolo in vaste parti del Tirolo.
In molti casi questa autarchia fu anche raggiunta.
Questa autosufficienza e la conseguente indipendenza dal denaro liquido costituì il fondamento dal quale si svilupparono usi e modi di vivere in tutte le loro forme.

Tratto da:
Hans Griessmair
“Il Museo etnografico di Dietenheim”
Casa Editrice Athesia
Bolzano, 1988

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