Prima che il cotone conquistasse i mercati europei, i tessuti usati dalle famiglie alpine per i vestiti casalinghi erano di lino e di lana, entrambi coltivati e lavorati sul posto.
Da sinistra: treccia di fibre di lino pronta per essere filata all'arcolaio, filo
di lino grossolano, gomitolo di lino pronto per la tessitura.
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Fino alla seconda guerra mondiale quasi ogni maso coltivava un appezzamento di terra a lino.
Camice e camicette, grembiuli e asciugamani, lenzuola e federe, quasi tutto quello che serviva in casa e che veniva utilizzato per l’abbigliamento leggero era di lino.
Tutte le fasi, dalla coltivazione in campo fino alla filatura, erano di norma eseguite in proprio, per lo più a cura delle donne del maso.
Un cesto di lana appena tosata, pronta per essere lavata, cardata e filata.
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👉Con la comparsa del cotone il lino subì una forte concorrenza e le importazioni a basso prezzo fecero regredire la coltivazione del lino.
👉La lana veniva usata come isolante termico sia per mantelle e giacche fatte in Loden (tessuto di lana sottoposto a follatura) sia lavorate a maglia, sempre in casa, per calze, maglie e maglioni, guanti, berretti e biancheria intima.
Oltre che nel tipo normale, i tessuti a maglia potevano anche essere di maglia "cotta", cioè bollita in acqua per infeltrirla. In questo caso il potere coibente aumentava, così come la capacità di tenere fuori acqua, neve e ghiaccio, un po' come accade con il moderno pile.
I masi più grandi possedevano un telaio proprio, in genere di competenza delle donne di casa, ma assai diffusa era anche una figura di artigiano itinerante: il tessitore.
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