11 luglio 2021

La grande emigrazione trentina nelle parole di Cesare Battisti

Battisti scriveva ad inizio '900, cercando di spiegare entità e radici economiche dell'ondata d'emigrazione all'estero che la crisi dell'agricoltura aveva causato sul finire dell'Ottocento.
Il frontespizio del libro di Cesare Battisti, edizione 1919.
"IMMIGRAZIONE: Nel Trentino immigrano annualmente, dalla primavera all'autunno, circa 2000 operaie bellunesi, che si dedicano alla lavorazione della terra. Vengono dal Regno inoltre quasi tutti gli operai (circa 1000) addetti alle fabbriche di cemento, calce e laterizi. Certe professioni (barbieri, sarti e in minor numero fabbri) sono esercitare quasi esclusivamente da regionali."
EMIGRAZIONE. La popolazione del Trentino ebbe nel primo sessantennio del secolo scorso un graduale aumento, corrispondente all'incremento naturale annuo della popolazione. L'emigrazione era praticata solo dalle popolazioni alpestri e in misura assai limitata. Era un' emigrazione specializzata, di pochi e non numerosi gruppi pro­fessionali, degli arrotini (moleti) di Rendena, degli spazzacamini di Val di Non o del Banale, dei calderai (paroloti) di Val di Sole, dei segatori (segantini) giudicatesi, dei carbonai di Val Vestine, ecc.. Il paese era insomma in grado di mantenere tutti i suoi figli. Ma soprav­venuto il distacco della Lombardia e della Venezia dall'Austria, il Trentino, che era una fiorente regione industriale, subì una enorme crisi economica, poiché i suoi prodotti trovavano sfogo solo verso il mezzogiorno. Le nuove barriere doganali e l'impossibilità di trovare nell'interno della monarchia, per ragioni geografiche e politiche, campi adatti di smercio, segnarono il crollo dell'industria trentina. Ne subì di contraccolpo una scossa anche l'agricoltura, in buona parte unita all'industria. Si aggiunsero, fra il 1870 e 1890, terribili calamità: le malattie del gelso e della vite, le inondazioni, e, come non bastassero le calamità di natura, lo sgoverno provinciale e la trascuranza assoluta dello Stato, sempre disposto a sacrificare le nazionalità meno numerose alle maggiori."

Cesare Battisti sottolineava come:
👉L'emigrazione s'impose come una triste necessità, le Americhe ospitarono stabilmente decine e decine di migliaia di trentini. Il paese non solo perdette l'incremento naturale annuo della popolazione, rispondente a circa il 9 per mille, ma costrinse all'esilio un numero maggiore dei suoi figli. Dal 1880 al 1890 la popolazione complessiva del Trentino diminuì da 351689 a 349203.
👉Nel 1900 era salita a 360179. Nel 1910 a 386437(*). Indizio questo di un piccolo miglioramento economico sopravvenuto. Con l'aumento dell'ultimo decennio il paese non è per anco arrivato a mantenere tutto l'aumento naturale della popolazione. Il fenomeno migratorio persiste quindi, in proporzioni ancora altissime (circa il 6% della popolazione), per quanto possa ritenersi ridotto della metà in confronto di quanto era quindici o venti anni addietro.
👉L'emigrazione è ora in prevalenza continentale, verso regioni tedesche; di emigrazione perma­nente non vi è più traccia. Anche quelli che si dirigono nelle Ame­riche tornano dopo pochi anni. I distretti dove l'emigrazione fu mag­giore in passato, e lo è tutt'ora, sono quelli alpestri.
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Una statistica del 1911 ci offriva i seguenti dati.

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