9 novembre 2010

Il tessitore

Non di rado presente come attività artigiana a sé stante, la tessitura veniva peso svolta autonomamente in forma domestica, specie nei masi medi o benestanti...
...i quali disponevano di un proprio, seppur rudimentale, telaio in grado di produrre stoffe, tessuti e teli per uso agricolo.
In questi casi il maso provvedeva all'intero ciclo della tessitura dalla produzione del filato sino al prodotto finito: pezze di stoffa, maglia di lana, tappeti.
C'era poi una terza figura intermedia, quella del tessitore itinerante che si recava nei masipiù benestanti e attrezzati con telai adatti, ove presta la propria opera di artigiano specializzato.
👉L'allevamento delle pecore e la coltivazione di fibre vegetali permetteva la produzione del filato da fibre vegetali (canapa e lino) e animali (lana). 
La prima lavorazione della lana consisteva nella tosatura e cardatura (pulitara dalle impurità e nodi).Si procedeva poi alla filatura attorcigliando a mano le fibre a formare il filo che era poi raccolto in matasse o gomitoli. Lavorata a maglia, la lana, in genere grezza e non colorata, si trasformava in maglie, calze, etc. Tessuta e follata nelle gualcherie (officine a ruota idraulica con pestelli battenti) si trasformava in panno. Assai usate erano anche le stoffe di lana infeltrita (lana cotta) pesanti e calde.
👉La canapa e il lino raccolti nei campi venivano riunite in mannelle ed essicate in appositi locali riscaldati e poi sottoposte a scavezzatura sulle gràmole, scotolatura e pettinatura.
👉Dalle masse di fibra si otteneva il filato con rocca e fuso, oppure con il filatoio a mulinello, con gesti e modalità immutati da secoli.
👉Il filato si riuniva in matasse, dalle matasse si passava poi ai gomitoli. Con i gomitoli si prepara l'ordito, che viene fissato alla struttura del telaio.

Le tecniche di filatura e tessitura delle civiltà contadine sono esaurientemente descritte nelle sale del Museo Provinciale degli Usi e Costumi della Gente Trentina di San Michele all'Adige.


8 novembre 2010

Il ciclo del lino

La lavorazione del lino prevedeva che, dopo la raccolta e l'essiccazione, le piantine venissero "tostate". texture
A questo scopo un po’ in disparte dalle case veniva costruito una struttura apposita: la gramola.
Di solito, queste erano soltanto delle buche con dei muri, senza tetto. Era lì che veniva tostato e gramolato il lino, per lo più nel tardo autunno.

Altre volte la gramola era un vero e proprio edificio in cui il fuoco veniva acceso in un recinto di pietra e mantenuto vivo dalla corrente d'aria proveniente da un canale scavato nel pavimento.

Il lino veniva posto su un'apposita griglia i legno, che si vede sul lato destro della foto.
Dopo la tostature il lino andava schiacciato e sfibrato, allo scopo di ridurlo in sottili filamenti. Per questo il locale della gramola conteneva arnesi di ogni genere adatti a raspare, maciullare, sfibrare e tagliuzzare.

Da questo punto in poi tutto procedeva in maniera simile alla lavorazione della lana. Le sottili fibre di lino pettinato venivano trasformate in filato usando fuso e rocchetto oppure arcolaio a mulinello.

Il lino veniva infine tessuto ed utilizzato per impieghi di pregio nell'abbigliamento e nella biancheria di casa. La canapa, che veniva anch'essa coltivata e lavorata, aveva impieghi più rustici e veniva usata anche nella fabbricazione di corde e funi da affiancare a quelle, più tradizionali, in cuoio.

7 novembre 2010

Il Waaler

Il custode dei canali d'acqua.
Lungo uno dei due Waale di Sluderno (Val Venosta). Tutt'ora funzionante. Vedi al-
cuni esempi di escursioni lungo i Waale in Cipputiblog e qualche info di base sui
Waale delle montagne sudtirolesi in laforzadellacqua.blogspot.com.
"I canali irrigui, ostinati e ingegnosi, sono essenziali per questa caratteristica economia al pari dei ricoveri per il bestiame sull'alpe. Una volta significavano la sopravvivenza."
(Aldo Gorfer, "Gli eredi della
solitudine", 1973")

Il custode dei canali d'acqua per l'irrigazione (Waale) era chiamato Waaler.
Il suo era un incarico di fiducia, veniva infatti eletto dalla comunità.
Oltre a curare la manutenzione dei canali, era il garante del rispetto delle regole nella distribuzione dell'acqua.
Negli Statuti e nelle Carte di Regola molti articoli erano dedicati alla regolamentazione dell'uso dei Waale.
Con i secoli si era sviluppata una terminologia specifica per indicare le varie operazioni connesse alla distribuzione dell'acqua. Le liti giudiziarie erano tutt'altro che rare e si trascinavano a volte per anni.

3 novembre 2010

Il fabbro

Uno dei più antichi e nello stesso tempo indispensabili mestieri è certo quello del fabbro.
L'edificio della forgia idraulica ospitato al museo di Tedone-Dietenheim.
Anche egli si serviva della forza dell'acqua per far muovere i pesanti magli e il mantice.
Nella fucina del fabbro ferraio si producevano tutti gli attrezzi in ferro per il lavoro agricolo e boschivo.
La forgia a carbone, dove il ferro veniva scaldato al calor rosso per poter
essere lavorato con martelli e pinze sull'incudine.
Macchina principale della fucina (presso il Museo degli Usi e Costumi della gente Trentina di San Michele all'Adige ne è ricostruita una di Pergine datata 1814) è il maglio, mosso dalla forza dell'acqua. Come ruota motrice veniva usata una gora a cassetti alimentata dall'alto, una tecnologia lenta ma in grado di funzionare anche con pochissima acqua ed in grado di adattarsi alla portata del torrente: nei periodi di magra l'impianto funzionava più lentamente perchè i cassetti impiegavano più tempo a riempirsi, ma continuava a funzionare.
Con il maglio, si dà la prima impronta al lingotto di ferro da forgiare, che viene poi lavorato all'incudine.
La forgia dei carboni accesi viene alimentata dal flusso dell'aria del mantice, anch'esso azionato dalla forza dell'acqua.
Il pesante maglio idraulico.
Il fuoco della forgia è alimentato da carbone per la maggiore temperatura che è in grado di assicurare rispetto alla legna.
La temperatura viene mantenuta ancor più alta dal flusso d'aria soffiato dal mantice, anch'esso azionato dalla forza dell'acqua. L'incudine, il trapano, latrancia ed una gran varietà di tenaglie e pinze completano la dotazione di attrezzi che il fabbro utilizzava nel proprio lavoro per produrre principalmente attrezzi agricoli come vanghe, picconi, badili e poi catene, chiodi, cerchi da botte, eccetera.

Il travaglio per ferrare i cavalli.
All'attività del fabbro era collegata quella del maniscalco, che periodicamente aveva il compito di ferrare i cavalli e i bovini da lavoro.
Buoi e vacche venivano ferrati in un'apposita struttura detta travaglio, spesso collocata nei pressi della fucina.
Il travaglio consentiva al maniscalco di fermare la testa del bue fissandone con una robusta fune le corna a un palo e di sollevarlo da terra mediante un arganello, in modo da poter operare con tranquillità sia che si trattasse di ferrare i buoi da tiro che di curare e controllare gli zoccoli dei manzi, specialmente prima dell'inizio del pascolo o della partenza per la malga.
Schema di funzionamento del maglio, che era mosso da una ruota idraulica. Siveda
a titolo di esempio un'antica bottega da fabbro in Val di Cembra.
La «trappola» della foto proviene da Termeno-Tramin ed è stata installata nel museo nell'anno 1980.
Nelle zone dove essa è più costantemente presente, come nel Reggelberg e nel Tschögglberg, si chiama anche «Pfrenger».