22 aprile 2012

Il saltaro

Oggi lo potremmo definire "guardia campestre" ma all'epoca la sua figura era soffusa da un alone di mistero che spaventava i bambini e affascinava i grandi.
La figura del saltario in una rappresentazione tradizionale. A destra due figuranti
in una cartolina meranese del 1907.
Il suo compito era contrastare i furti nei campi, specialmente nelle vigne, un flagello assai diffuso e temuto nelle società contadine.
Doveva dunque essere robusto, deciso, meglio se imponente perchè più adatto ad incutere timore.
👉Per spaventare i malintenzionati vestiva in modo particolare, con ornamenti di pelliccia e grandi copricapi dalle fogge inusuali.
Portava sempre con sè un robusto bastone impreziosito da figure intagliate. Spesso dedito al bere, il saltario era noto per accettare piccole mance da chi transitava nei campi a lui affidati.
Dettaglio dell'abbigliamento del saltaro o saltario, in una rievocazione attuale.
👉Il primo riferimento all'ufficio di saltaro in ambito tirolese risale al 1215, in un documento che riguarda le entrate della Curia di Trento, che possedeva certi terreni ad Appiano. Tra gli antichi compiti del saltaro c'era quello di vigilare sui pascoli contro lo sconfinamento di mandrie estranee, la custodia delle recinzioni, del fieno, dei frutti e del grano, dei salici e dei vigneti, dei corsi d'acqua e dei boschi. Più era piccola la comunità e tanto più numerosi erano i compiti del saltaro. Viceversa, nei centri maggiori o ad opera del signore feudale, poteva esserci la compresenza di più figure che prendevano il nome dal bene sorvegliato: saltnerius feni, saltnerius pastorum, saltnerius vinearum (fieno, pascoli, vigne). L'ufficio era spesso stagionale, legato ai cicli naturali dell'economia agricola.
👉L'affidamento dell'incarico era regolato da norme consuetudinarie ed avveniva da parte del proprietario fondiario che poteva essere di volta in volta la comunità o il signorotto del luogo. L'affidamento dell'incarico si traduceva spesso nella riscossione di un balzello da parte del signore feudale. La figura del saltaro si mosse sempre in bilico fra signoria (Herrschaft) e comunità (Gmain) e spesso veniva osservato con uguale diffidenza da entrambe le parti.

12 aprile 2012

Frau Percht, i Krampus e la Befana

Secondo la tradizione dei paesi alpini di lingua tedesca, la Percht (o Perchta, l'equivalente dell'inglese Bertha) entra nelle case nei giorni del solstizio invernale per controllare se i bambini si sono comportati bene o male nel corso dell'anno.
La tradizione delle maschere spaventose compare sia nella rappresentazione del-
la Frau Percht "nera" che nell'analoga rappresentazione in cui la visita di Santa
Klaus viene accompagnato  dai "neri" e demoniaci Krampus.
E' un essere bivalente, presente nella sua forma bianca e in quella nera. La figura ha dunque due volti: buona e malvagia, bella e orribile, caritatevole e severa.
Fino agli inizi del XX° secolo si presumeva che comparisse nelle Zwölfte, le dodici notti comprese fra Natale e l'Epifania, per controllare se nel maso tutto fosse a posto, premiando i diligenti e punendo i fannulloni.
👉Il suo dualismo è riflesso anche nelle due denominazioni, la Schönpercht e Schiachpercht, presenti nel Salisburghese.
Le prime notizie su rappresentazioni della Frau Perchtl risalgano al secolo VIII° e le sue radici affondano nei miti celtici.
Le due Frau Percht (quella buona e quella cattiva) in una rap-
presentazione pittorica contemporanea di Lisa Grabenstetter
(dal sito www.epilogue.net).
Trattandosi di un rito pagano, è sempre stato osteggiato dalla Chiesa cattolica, che ha cercato di sovrapporvi le proprie sacre ricorrenze ufficiali.
👉Nelle sopravvivenze più recenti, la Perchtenläufe si tiene attualmente il 6 gennaio, il giorno dell'Epifania che, in quanto festa di precetto, assume particolare rilievo nel diritto canonico, e ciò testimonia della capacità d'attrazione che questo rito pre-cristiano ancora possiede nonostante tutti i tentativi di normalizzazione.
👉Da notare che durante il Rinascimento, probabilmente sotto la spinta dell'ottimista spirito umanistico, prese piede in Italia una rappresentazione ulteriore, quella della Befana, figura folkloristica dispensatrice di doni nella quale i caratteri punitivi sono fortemente ridimensionati.
Anche in questo caso la Chiesa cattolica tentò di intervenire e vi sovrappose una sua versione "cristianizzata" secondo cui la Befana sarebbe stata un'anziana contattata dai Re Magi e poi pentitasi per non aver voluto seguire i tre Re verso Betlemme, dove da una vergine era nato il salvatore dell'umanità.

10 aprile 2012

Il maso autosufficiente sudtirolese

Il maso autosufficiente Höfila della Val Pusteria rappresenta bene la condizione del contadino medio.
In Pusteria e in altre valli del Tirolo si dice «casa con focolare» e in Valle Aurina «casa
vera»,  un genere di costruzione come il maso «Höfila» di Pieterstein nel Comune di
Mühlwald. Fino al 1979 la casetta era abitata e piena di vita. Il trasporto nel museo di
Dietenheim/teodone ebbe luogo nel 1979.
Il maso «Höfila» viene nominato negli antichi libri fondiari del convento di Sonnenburg.
Il semplice edificio con tetto a due spioventi ed essiccatoio a campana, è posto su uno zoccolo in muratura di 10 metri per 12 e non ha locali interrati.
Un largo corridoio da grondaia a grondaia determina la distribuzione dei locali: a piano terra verso valle stube, cameretta e cucina, a monte dispensa e cantina.
Al piano superiore verso valle ci sono la Stube, la stanza da letto dei padroni, la cu-
cina, la stanza delle ragazze. Verso monte camera dei ragazzi e dei familiari.
Vista esterna dal lato a valle.
A prescindere dalla muraglia verso il monte, tutta la casa è costruita con tronchi di larice. Gli spiragli più grossolani delle pareti erano stati turati con del muschio, cacciato fra i travi al momento della costruzione, e con brandelli di stoffa. Tuttavia quelle camere erano rimaste dei locali freddi e inospitali, dove il vento soffiava e spingeva talvolta la neve sopra i letti.
L'unico locale che si poteva riscaldare senza fumo era la stube, e la relativa stufa veniva accesa e alimentata dal corridoio. Qui si può capire l'importanza della stube, di fronte alla cucina piena di fumo e alle stanze fredde e piene di correnti d'aria.
Due generazioni fa non c'erano né focolari economici né luce elettrica. E soltanto in pochissime case c'era acqua corrente.
Il fumo poteva venire ridotto utilizzando della buona legna secca, ma non eliminato del tutto. Perché qui c'entra un po' anche il tempo, la pressione dell'aria, il vento o il sole che batte sul camino in ogni modo il fumo era spesso causa di male agli occhi e ai bronchi, come testimoniano le molte tavole votive in onore di Santa Ottilia, come ringraziamento per le guarigioni degli occhi, e le molte acque miracolose, di cui una scorreva nel vicino Haselried, dove fino a non molti anni fa, parecchia gente veniva a bagnarsi gli occhi, perché ne aveva estremo bisogno.
Un'altro inconveniente che limitava le possibilità di lavorare e di muoversi era l'oscurità della notte. Minuscole luci per non dire lumicini c'erano soltanto nella cucina e nella stube. E come si doveva essere prudenti con il legno resinoso, con i lanternini e con le fiaccole! Adesso che, premendo un pulsante si può inondare di luce casa e cortile, non è facile neppure capire l'opprimente paura dagli spiriti dei nostri antenati in tutte le sue molteplici espressioni.
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La fontana.
Davanti alla casa, tra la parte abitata e il fabbricato rustico, c'è la fontana, chiamata una volta semplicemente «canale» (trogolo).
Questa forma di fontana con tetto è molto diffusa in Pusteria ed era l'unico posto per attingere acqua in tutto il maso.
Qui si abbeverava il bestiame due volte al giorno Qui la gente veniva a lavarsi, almeno nella stagione più calda. L'imponente trogolo di pietra, ricavato da un unico blocco di granito, proviene dalla zona del Schwarzenbach in Valle Aurina.
Si dice che lo scalpellino abbia ricevuto, per il suo lavoro, il valore corrispondente di tre capre, e ci siano voluti ottanta uomini per trascinare il trogolo nel maso. Era l’anno 1920.
Accanto al trogolo c'è un focolare, chiamato «Seachte», composto semplicemente da una grossa caldaia di rame e da una robusta griglia.
Vi si faceva fuoco quando occorrevano grandi quantità di acqua bollente per lavare (la biancheria veniva fatta bollire nella lisciva di cenere, bruschinata, e, dopo l'aggiunta di turchinetto, risciacquata); per fare il bagno alle pecore in primavera e in autunno prima della tosatura, per scottare e togliere le setole al maiale macellato e per altre eventuali grandi pulizie.
Il forno per il pane.
Del maso fa parte anche un forno per il pane, che nelle zone con costruzioni in legno è, a causa del pericolo di incendio, un po' in disparte, come edificio a sè. Ma nelle zone dove prevalgono le costruzioni in pietra, si possono vedere ancora dei forni sporgenti come Erker dal muro della casa.
Quasi dappertutto il pane lo si cuoceva due o tre volte all'anno in grande quantità. Lo si conservava in stanze ben areate in apposite rastrelliere appese al soffitto per eludere le visite dei topi.
La stalla e il fienile.
Sono situati in un edificio poco distante dall'abitazione. La struttura è in tronchi e porta un tetto piatto di scandole a più strati.
Al piano terra c'è un grande atrio, chiamato più precisamente corte, che va da uno spiovente all'altro. Da qui si arriva alle stalle: quelle grandi per i buoi e i cavalli, quelle piccole per le pecore, le capre cornute, che vengono legate con delle catene, i maiali e il pollame. Anche la tettoia del fieno, con l'enorme mucchio che arrivava fino al tetto, si può raggiungere da qui comodamente.
E lungo le pareti di questa «corte» si ammucchia lo stallatico fresco dell'inverno, per portarlo poi fuori con la buona stagione. Ma non dappertutto si faceva così.

Il piano di sopra è il fienile vero e proprio, il deposito per le riserve di foraggio e per suppellettili ed oggetti di ogni genere. E infine nella parte più alta verso il monte oltre il ponte del fienile, che è accessibile con carro e cavalli, c'è l'aia (Pirl) cioè il luogo dove ai lati del granaio venivano accatastati i covoni, al coperto, e divisi secondo il tipo di grano.
Per evitare che il tetto potesse crollare sotto il peso di grandi masse di neve, sono stati inseriti sotto la trave di colmo ed appoggiati sui montanti, dei gioghi ricavati da tronchi di alberi cresciuti ricurvi. Il deposito dei foraggi risale al diciassettesimo secolo, ma nel corso degli anni ha subito alcune modifiche. Fino alla primavera del 1984 esso si trovava a Unterpurstoan in Val di Taufers. Accanto al fienile, in un fabbricato aggiunto, c'è l'officina con un banco da falegname per piallare e per bloccare, dove si facevano oggetti di ogni genere e si riparava ciò che si rompeva.
L'ultima foto ritrae una porzione della stalla con le "postazioni" delle singole mucche ed un dispositivo per vagliare il grano: separava i chicchi più grossi da quelli più piccoli, eliminava le impurità ed era azionato a mano.


6 aprile 2012

Il piccolo maso sudtirolese

einhof maso unito
L'aggiunta di stalla e fienile per un modesto allevamento di bestiame sul lato sini-
stro è di data posteriore. Sopra la stalla c'è una specie di ripostiglio sporgente co-
me un Erker che serviva probabilmente per fare essiccare erbe e bacche.
Il maso «Beim Tennign» è un esempio di piccolo "maso unito" in cui l'abitazione e la stalla fanno parte dello stesso edificio.
einhof maso unito
La base in muratura ospita la cucina con volta a botte e priva di canna fumaria.
Queste piccole aziende contadine, che sono numerosissime, sono rappresentate a Dietenheim dal seicentesco maso «Langgarten» di Luttach, chiamato comunemente «Beim Tennign» (Tennign è una storpiatura di Anton).
La casa, per lungo tempo disabitata e ormai in rovina, fu smontata pezzo per pezzo, trasportata nel museo di Teodone e rimontata esattamente come era prima. Il trasloco avvenne nel 1980.
einhof maso unito
La stufa in muratura (Ofen in tedesco, olle in dialetto trentino.
👉L'edificio è in tronchi e poggia su uno zoccolo in muratura che ospita anche una piccola officina da carraio.
L’ingresso è parzialmente in muratura.
L’arredamento della cucina è oltremodo semplice: qualche stoviglia, un armadio da cucina e la gabbia dei polli.  E così anche nella cameretta accanto.
einhof maso unito
Il confortevole locale soggiorno: la Stube è interamente rivestita in legno.
👉Il locale di soggiorno (la celebre "Stube" tedesca) è l'unico in grado di garantire un vero comfort invernale. E' interamente rivestito in legno e soprattutto è dotato di una stufa in muratura alimentata dall'esterno e con canna fumaria.
👉Il piano di sopra si raggiunge con una stretta e ripida scala ed è diviso in quattro locali adibiti a stanze da letto e deposito.
Il vetro costava molto e solo in tempi recenti fece la sua comparsa nelle stanze da letto.
Qui le finestre venivano chiuse da un'antina di legno scorrevole orizzontalmente.
einhof maso unito
Le stanze da letto: le finestre si mantennero senza vetri fino al Novecento avanato. Si suppliva con tavolette di legno scorrevoli "antivento".
Intorno a due lati della casa corre un balcone.
👉Mentre di solito il gabinetto si raggiungeva attraverso il solaio, qui non era così.
Stava e sta tuttora alcuni metri lontano dalla casa, ciò che in ogni caso non contribuisce alle comodità della vita.
Anche qui, davanti alla casa, scroscia una fontana e c’è un orto recintato.

"La Stube è il luogo dei pasti, degli ozi e degli incontri famigliari, delle veglie, delle preghiere; dove si fila la lana, si legge, si ricevono gli ospiti, si cuce, si fa all'amore, si litiga, si prega, si dorme, si muore, si ascolta la radio."
(A. Gorfer, "Gli eredi della solitudine") 

4 aprile 2012

Un grosso maso a corpo unito

Una tipologia non molto diffusa è quella qui rappresentata dal maso Ruoner (alta Valle Isarco): un maso abitato da contadini benestanti in cui però i locali d'abitazione e la stalla riuniti sotto lo stesso tetto.
Il maso è interamente realizzato in tronchi squadrati, scelta in linea con il Sudtirolo orientale, più vicino alla cultura austriaca che a quella grigiona.
Sin dall'esterno è evidente che apparteneva a contadini benestanti. L'aspetto è solido e curato, le dimensioni generose, la facciata decorata, tutto dice che è stato realizzato senza economie, badando alla funzionalità e al benessere e senza dimenticare le decorazioni, cioè l'estetica.
Questi criteri costruttivi si ritrovano anche all'interno.
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la_abitazione
A piano terra il largo corridoio passante separa la stalla (a sinistra) dalla cucina e dalle due stubi (a destra).
Questa suddivisione fra locali agricoli e d'abitazione si ripropone al piano superiore, che ospita il fienile su un lato e le camere da letto sull'altro.
L'ampio corridoio del piano superiore svolge anche le funzioni di deposito e dispensa.
Degno di nota il blocco centrale in muratura che ospita la cucina e le bocche di alimentazione delle due stufe "a olle" ospitate nelle due Stubi, una doppia presenza inconsueta.
Per i criteri del tempo la cucina è sicuramente ampia e luminosa. Interamente realizzata in muratura, fa parte di un blocco edilizio incastonato nella struttura del maso, che è interamente in legno, ed è dotata di un importante camino passante che attraversa il piano superiore.
Del tutto inconsueta la presenza di due locali di soggiorno, due Stube quasi gemelle che affiancano sui due lati il blocco della cucina, dove si trovano le due bocche di alimentazione delle stufe.
Tale soluzione indica che la costruzione del maso avvenne sulla base di una progettazione razionale anzichè in virtù di aggiunte successive, come spesso accadeva.
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Sulla sinistra del corridoio-ingresso sito a piano terra c'è la scala che porta al piano superiore.

Anche sopra troviamo un vasto corridoio centrale che separa il settore agricolo (fienile, depositi e dispensa) dalle camere da letto, situate sull'altro lato e separate-unite dal grosso camino in muratura proveniente dal piano terra.

Le camere da letto sono ospitate in cellule di legno che sono a contatto con l'esterno solo con parete che ospita la finestra. Le altre cinque superfici danno all'interno, nemmeno il soffitto è a contatto con il tetto. Sono così più isolate termicamente e più protette dal rischio di infiltrazioni d'umidità.

Sono piuttosto piccole ma ben rifinite rispetto agli standard dei masi. Il rivestimento di assicelle accostate (come le cosiddette perline, ma senza gli incastri) metteva al riparo dagli spifferi gelati che entravano dagli interstizi fra un tronco e l'altro lungo la parete esterna.
Il soffitto basso favoriva il trattenimento del calore corporeo (nelle stanze da letto non c'era mai nessuna stufa o stufetta).
Il soffitto di queste "macchine per dormire" veniva utilizzato come piano d'appoggio per oggetti ingombranti ma leggeri come cesti, gerle, etc.
Sull'altro lato del corridoio c'era lo spazio aperto destinato a conservare il fieno con cui foraggiare gli animali d'inverno. Essendo il fienile situato sopra la stalla, una semplice botola di comunicazione permetteva di portare il foraggio direttamente in stalla senza fatica.

C'erano inoltre i depositi destinati ai cereali, alle farine e in generale alle scorte alimentari.
A questo scopo il maso disponeva di grandi armadi a scomparti organizzati come veri e propri piccoli silos.
Alcuni di questi armadi erano realizzato "a prova di topo", era cioè appoggiato su sostegni sollevati da terra.

3 aprile 2012

Un classico maso unifamigliare a corpo unito


Il maso Trattman qui ricostruito risale al 1594 ed è un esempio di "maso unito", cioè di abitazione contadina a corpo unico, dove stalla ed abitazione stanno sotto lo stesso tetto.
L'edificio, che proviene dalla Val Sarentino-Sarntal, è a tre piani: il primo, parzialmente interrato, in muratura e gli altri due completamento in legno. Il piano seminterrato ospita una cantina-deposito e la stalla ed è realizzato come detto in muratura, mentre i due piani della parte abitativa sono stati costruiti con grossi tronchi incastrati fra loro con la tecnica detta Blosckhaus.

E' una classica abitazione contadina unifamigliare ed incorpora il forno esterno che serviva alla periodica panificazione dei pani a lunga conservazione, indispensabile scorta per i lunghi inverni alpini.

In un angolo in muratura del primo dei due piani abitati era situato il locale della cucina, con relativi fuochi e qualche altro spazio di disbrigo e deposito.
I due piani abitativi erano collegati da una scala in legno che affacciava, sia sopra che sotto, su un corridoio. Tutto era in legno: pareti, pavimenti e ballatoi.

Al secondo e ultimo piano c'erano le due due stanze da letto, quella matrimoniale e quella destinata ai figli, entrambe prive di vetri. Per difendersi dalle intemperie e dai venti erano dotate di ante scorrevoli in legno.

Sempre al piano superiore c'era la fresca e arieggiata Brotkammer, destinata a dispensa delle riserve alimentai nonchè ad ospitare le rastrelliere per i pani a lunga conservazione.

In questo maso non c'era uno spazio adibito allo stoccaggio del fieno che era invece conservato in un piccolo edificio separato.

Come sempre, il maso era affiancato da un orto recintato e destinato alla coltivazione di verdure, spezie e fiori.

I recinti erano molto importanti, perchè separavano le aree destinate al pascolo da quelle destinate alle coltivazioni, che andavano difese dagli animali.

2 aprile 2012

Il maso padronale sudtirolese

Il maso padronale Mair am Hof: origini e storia (vedi anche guidaaltoadige.blogspot.comla_abitazione
Al margine superiore dell'antico insediamento di Dietenheim si trova una imponente tenuta, il Mair am Hof. È uno dei quattro grandi masi padronali in questo piccolo villaggio, che ha però una storia antica e che lega la sua origine a un nobile bavarese di nome Diet oppure Theo del grande casato degli Agilolfinger.
La prima citazione documentata risale all'anno 995, quindi, cento anni più tardi nell'anno 1090, quando il vescovo di Bressanone-Brixen Altwin riceve in donazione un terreno a Dietenheim che, secondo Paul Kofler, è la piazza dove oggi c'è la chiesa.
I diritti del Capitolo di Bressanone-Brixen erano rappresentati dal Niedermair. Il Mair am Graben dipendeva dal convento di Sonnenburg, cui il Mair am Bach fungeva da mensa dell'ufficio giudiziario di Brunico-Bruneck.
È notorio che allora quasi tutta la Pusteria apparteneva alla Contea di Gorizia. A questa infatti doveva pagare tributi il «villicus supra Dietenheim», ossia il Mair am Anger, con cui si intende il nostro Mair am Hof.
Nel libro fondiario della Contea Anteriore di Gorizia il Mair am Hof è indicato con un tributo di due staia di frumento, tre staia d'orzo, tre marchi in primavera e tre in autunno e quattro pecore. Dei proprietari degli anni seguenti sappiamo molto poco.
Nell'anno 1484 il conte Enrico di Gorizia infeudò con il Mair am Hof, fino a quel momento occupato da un Gotschel, Ulrich von Nater. In questo periodo i contadini di Dietenheim ottengono dal conte Leonardo di Gorizia il diritto di derivazione di acqua dal Wielenbach (1496).
Quest'acqua era di vitale importanza, e ancora oggi si possono vedere dei resti di canali di irrigazione di quel tempo.
Dai conti di Gorizia il maso passò ai principi regnanti di Asburgo e fu per lungo tempo feudo principesco.