13 marzo 2024

Il salice salgàro, un selvatico molto apprezzato dal contadino

Il salgàro e le sue stròpe erano ben noti ai contadini dei fondovalle che le usavano per intrecciare cesti e soprattutto per legare i tralci annuali delle vigne.
Ogni singola testata dei filari di vigna poteva avere il suo salgàro (Salix Viminalis o salice da vimini) dedicato che, una volta cresciuto e irrobustitosi con gli anni, si trasformava automaticamente in supporto per i tiranti dell'impianto. 
Le stròpe grosse e medie venivano avviate alle stufe e ai camini di casa, dove era-
no utilizzate per avviare il fuoco. Quelle usabili da legaccio erano quelle gialle.
Il salgàro ha rivestito un ruolo di rilievo nella cultura contadina, grazie alla sua versatilità. Cresce bene nei terreni umidi lungo le rogge e la sua rapida crescita consente di sfruttarne i sottili rami in svariati modi.
Un cesto di vimini salgaro colmo di nespole selvatiche, un frutto ormai dimenticato.
👉Durante l’inverno, solitamente, venivano asportati i rami utilizzabili per accendere il fuoco o anche come da ardere, mentre quelli più piccoli erano destinati a diventare “strope”. La ceppaia, la base della pianta, rimane viva per tutto l’inverno e, con l’arrivo della primavera, riprende a produrre nuovi rametti: le famose strope.
👉Le strope, o vimine, non sono altro che i sottili rametti annuali del Salice Viminario. Grazie alla loro flessibilità e malleabilità, possono essere utilizzati per costruire ceste e contenitori di vario genere. Una volta essiccati, questi rami si irrigidiscono e conferiscono robustezza ai contenitori, che possono essere impiegati per il trasporto di diversi materiali. Gli intrecci utilizzati per la realizzazione di questi contenitori in vimini sono frutto del sapiente lavoro artigianale di abili maestri intrecciatori.

25 febbraio 2024

La culla per i bambini piccoli tutta di legno e fatta in casa

Anche la culla per i bambini veniva autocostruita in casa. Interamente fatta a mano.
La culla in legno dipinto nel sarentinese Maso Trattman, ora ricostruito nel museo all'aperto di Dietenheim/Teodone, presso Brunico. Notare anche la culla su ruote ed il girello nonchè, alla estrema destra, una seggetta o "comoda" che dir si voglia, sempre in legno.
Una versione più semplice, non decorata.
Il contadino di montagna aveva le mani d'oro, era un vero tuttofare che sapeva arrangiarsi un po' in tutto, in particolare nella lavorazione del legno, che era la materia prima davvero indispensabile alla vita in montagna.
Con il legno si alimentavano le stufe e i forni, ci si riscaldava d'inverno, si costruivano le strutture e le scandole dei tetti, i piani superiori di case e fienili, l'arredamento interno della casa, i carri, le carriole e tutte le suppellettili indispensabili alla vita quotidiana in campagna. 
👉Tra i molteplici oggetti che il Bauer era in grado di costruire da solo c'era anche la culla per i bambini, che veniva composta assemblando fra loro delle assicelle di legno di abete, che era il più leggero e facile da lavorare.

16 febbraio 2024

La legatura dei tralci delle vigne fatta con le "strope" del salice

Le stròpe erano i sottili e flessibili rigetti annuali della pianta del salice selvatico. Amiche naturali della rustica vigna di casa.
Una legatura dei tralci della vite effettuata con le tradizionali "strope" (o "stropèi"). Un lavoro che andava fatto a fine inverno.
Il salgàro veniva potato ogni anno per stimolare la crescita del-
le stròpe, ossia dei suoi dei suoi sottili rigetti  (dal sito FB "la
campagna appena ieri").

Le "strope" erano usate come se fossero dei legacci naturali ed erano ricavate, in genere annualmente, dai rametti più sottili di un albero che ormai è sempre più raro da incontrare: il salice selvatico o "salgaro".
👉Il salgàro era un albero che veniva cresciuto lungo i fossati e che comunque sempre presente nei dintorni di dove venivano coltivate le vigne. Ogni anno nel mese di febbraio (nello stesso periodo in cui si effettuavano le potature e le legature delle vigne con le "stròpe" dell'annata precedente) veniva ‘capitozzato’ e dopo questa radicale "riduzione" comparivano i nuovi e sottili rigetti da cui si ottenevano legacci di due misure: le strope, più grosse e robuste, che servono a legare le vigne ai pali, e i più sottili stropèi, che erano usati per fissare i tralci ai fili dei filari di vite. I rametti venivano lasciati in acqua per un paio di settimane, in modo da ammorbidirli e facilitarne così la piegatura.
👉Se effettuata ad arte, questo tipo di legatura può durare anche più di due anni. Si tratta di una pratica affascinante e anche del tutto "bio" (gli ‘stropèi’ sostituiscono, infatti, i legacci in plastica).
Un filare di salgàri lungo un fossato di pianura.



5 febbraio 2024

La pasta madre nei masi di montagna, quella per fare il pane...

Mantenerla e riprodurla non era poi così semplice, diciamo che era un po' come la conservazione del fuoco per gli uomini delle caverne... guai a lasciarla spegnere...
Mangiare in montagna
La pasta madre è quel piccolo grumo iniziale, il pre-impasto, che farà fermentare l'impasto principale. E' l'innesco della lievitazione.
Gli ingredienti della pasta madre sono semplici: acqua e farina. Il resto è know-how.
La segale ha una capacità di lievitazione più debole rispetto al grano ed è più complessa da lavorare. Per cuocere un pane di segale morbido e arioso serve la pasta madre giusta, pasta madre che è quel piccolo impasto iniziale, il pre-impasto, che farà fermentare l'impasto principale.
Il forno esterno di Maso Trattmann, un piccolo maso a corpo unito ricostruito nel
museo all'aperto di Dietenheim/Teodone presso Brunico.
👉Il Dampfl (Roggensauerteig in hochdeutsch) é appunto questo pre-impasto, la "pasta-madre" o "lievito madre", e doveva essere preparato in casa tre giorni prima della lavorazione e cottura del pane vero e proprio. Era la moglie del Bauer a padroneggiare quest'arte. Il Dampfl è la base che porterà alla fermentazione spontanea dell'intero impasto.
In questo caso il forno per il pane è ospitato in una costruzione separata, per
scongiurare i rischi di incendio. La panificazione era una operazione lunga e
complessa, che non avveniva tutti i giorni, ma solo a scadenze periodiche.
👉Per produrre una buona pasta madre bastava un vecchio attrezzo: la vecchia impastatrice, chiamata anche Zuber o Mitten, una impastatrice di legno. L'impasto avanzato dalla sessione precedente, essiccato nelle fessure del legno dall'anno precedente, conteneva esattamente la microflora giusta per riavviare la fermentazione naturale dell'impasto. Bastava un po' di acqua tiepida e un po' di farina per rivitalizzare il Dampfl, cosa che veniva fatta in una stanza ben riscaldata. Si aveva quindi un Dampfl nuovo, diciamo "aggiornato".
Questo nuovo Dampfl veniva lasciato in pace per i primi due giorni. Il terzo giorno veniva mescolato all'impasto principale. Poi era necessario un altro giorno di riposo e infine poteva iniziare la grande giornata della panificazione. L'ambiente di cottura nella stanza e nella cucina doveva essere mantenuto uniformemente caldo a circa 30°C e mantenuto umido in modo che l'impasto non si seccasse o si “ribaltasse” e collassasse.

13 gennaio 2024

Il Pusterer Breatl (cioè la "pagnotta della Val Pusteria")

La pagnotta Breatl della lunga e ricca Val Pusteria era fatta di un mix di farina di segale e di frumento in proporzione 2:1 o superiore.
La pagnotta pusterese era più grande dei classici Breatl. La formula originale prevedeva, come tutti i pani contadini, il ricorso alla pasta madre o acida. Come gli altri Breatl della tradizione, si accompagnava a tutti i piatti, sia da appena sfornato che da vecchio.

La pagnotta appena sfornata: ottima assieme ai Würstel coi crauti.
La classica pagnotta di segale cambia nome in funzione della valle in cui ci si trova ma in realtà cambia poco oltre al nome e a qualche piccola variazione nella composizione dell'impasto, che rimane in sostanza quello del Roggenbrot, che è un misto di farine segale/frumento. In pratica si tratta di semplici "variazioni sul tema" e il tema rimane sempre quello della classica pagnotta Breatl.
La pagnotta ormai secca e ridotta in pezzetti: pane in brodo con l'erba cipollina.
👉La pagnotta di Roggenbrot (pane di segale) confezionata in Val Pusteria è rotonda ed é nota come Pusterer Breatl ed è caratterizzato dal suo sapore deciso e dalle sue dimensioni generose.
👉L'impasto da panificare è composto da una miscela di farina di segale e di grano e lievito naturale (o pasta madre). Anche in Val Pusteria, ovviamente, si aggiungono delle spezie: I semi Kümmel (semi di carum carvi o comino, che non è il cumino) e di finocchio, e poi il coriandolo e la trigonella (Trigonella caerulea (L.) che non è il "fieno greco") con il suo sapore deciso e il suo profumo che ricorda l'odore del fieno.





26 dicembre 2023

Il ruspante Breatl o segalino, la rotonda pagnotta di segale

Il pane più diffuso in assoluto era il Breatl, una pagnotta rotonda, una spanna di diametro e 1-2 dita di spessore, a base di farina di segale tagliata con farina di frumento. In italiano lo chiamiamo "segalino".
Segalino
Sembra fatto apposta per finire nello zaino da montagna: imbottito con la frittata e i Gurken, con il macinato da hamburger, con un trito di tonno, capperi e acciughe, con la bresaola e cetriolini, con il gorgonzola e pomodori verdi, con mortandela, radicchio e rafano, con burro e marmellata, con sgombro e cipolla, con il macinato di manzo sul tipo degli hamburger come nella foto, eccetera.
mangiare in montagna
Per migliorarne il sapore si aggiungono all'impasto i semi di comino (è il "cumino
dei  prati
" - carme Carvi L.), ma anche di anice (pimpinella anisum L.) o di finoc-
chio (
foeniculum vulgare L.). Questa la formula base, che mantiene la sua validità.

Come per ogni cibo tradizionale, esistono molte varianti locali, come il Vinschgerle venostano (che ha figliato anche un suo doppio: il Vinschger Paarl dell'Abbazia di Marienberg) o il Pustertaler Breatl della Val Pusteria, che era più grande e più pesante.
👉E il Breatln rimane ancora in uso. Basta entrare in qualsiasi panetteria per rendersene conto, non solo in Sudtirolo ma anche in Trentino, dove pare essere in corso un autentico revival.
mangiare in montagna
Il classico Breatl accanto alle spighe del cereale da cui ha preso il suo nome italiano: la segale.


29 novembre 2023

Le ciabatte in feltro, che nei masi si calzavano solo nella Stube

Le ciabatte di feltro e di lana cotta che si usavano nella Stube dei masi erano calde, morbide, comode. Nella stalla non sarebbero sopravvissute una sola giornata.
La stalla era sporca e adatta alle scarpe chiodate indossate per lavorare, ma nella la Stube, interamente rivestita di legno e riscaldata dalla stufa, si entrava solo con le ciabatte. Perchè era la stanza dell'intimità della famiglia, del suo calore e anche delle comodità del dopo-lavoro, dei calzettoni di lana grossa e delle ciabatte di lana infeltrita, con la suola di feltro isolante.

Qui vediamo le ciabatte in feltro prodotte oggi dalla ditta Giesswein: una sorta
di ponte con la tradizione casalinga dei masi di montagna, dove erano nate.
La Stube era un ambiente caldo e famigliare incompatibile con gli scarponi da lavoro, che rimanevano fuori, perché nella Stube si entrava solo coi piedi puliti e le scarpe grosse fuori dalla porta.
👉Il feltro veniva prodotto nelle gualcherie, le piccole manifatture ad acqua che sfruttavano le ruote idrauliche per battere la lana e i tessuti "di pecora" e trasformarle in feltro o in loden, materiali che sono entrambi molto caldi ed idrorepellenti.
👉Nei masi più poveri o più lontani da una gualcheria si provvedeva più semplicemente con la maglia di lana grossa, bollita in acqua per farla compattare e infeltrire.